13/10/2025

Editoriale - Metal Shock di dicembre 1995 numero 205

Non ricordo - forse vedrò poi spulciando numeri precedenti, se li ho - i nomi che c'erano a quel live, anche se non è che cambi molto se si tratta di band italiane, o tolte giusto una manciata, riguardo il richiamo medio, oggi come allora. Le etichette, italiote in particolare, mi sa che avevano già iniziato a vendere direttamente ai gruppi il numero di copie che presumibilmente ogni band potrebbe smerciare (ma anche di più magari, tanto al limite rimangono sul groppone al gruppo appunto), cioè acquisto obbligatorio per contratto, quindi mica si preoccupavano di venderle direttamente dai loro mailorder/negozi e andando agli incontri e fiere e concerti reali e quant'altro.

Riguardo il "sacrificio", è una cavolata, una cosa se è una tua passione e ogni volta che ritieni valido l'appuntamento o qualsiasi cosa sia, lo segui, lo supporti, vai, ascolti ecc., perché se una cosa la senti come sacrificio allora forse non è una vera passione ma altro, sarebbe esibizionismo, ipocrisia (tipo far finta di apprezzare tanti o tutti i tuoi colleghi che suonano anche se invece ti fanno sempre o quasi sempre schifo o comunque non interessano davvero, che siano migliori o meno di te, nessuno è auto-critico e col senso della realtà, di solito, mi pare ovvio, sennò avremmo un millesimo o meno dei gruppi in giro ad ogni livello, soprattutto tra quelli che non vivono affatto della loro musica), fare certe cose tanto per farle, mostrare atteggiamenti in realtà finti e via dicendo.

Le strutture di qualsiasi tipo, anche all'estero, senza pubblico non potrebbero fare nulla o solo una volta, quindi evidentemente al di là delle solite stronzate e frasi fatte "nazionaliste" del tizio, all'estero la gente va da sempre anche a sentire gruppi underground, chissà perché... altro che "pattume" diffuso, un gruppo preso a caso a qualsiasi livello all'estero e uno italiano, fatti incidere entrambi un disco e buttati su un palco, al 99% il gruppo estero cancella l'italiano senza sforzo per ogni aspetto (attitudine, tecnica, tenuta di palco, serietà/professionalità, senso della realtà e poca o nulla presunzione ecc.). Tra l'altro, lui stesso non dà certo la colpa del flop alla struttura in sé, se intendeva proprio i locali vari nel finale del pezzo, e non si vede come potrebbe esserlo del resto (almeno finché è decente, e in ogni caso tutti quelli che non ci fossero mai stati prima, sarebbero andati lo stesso, al limite non sarebbero tornati in seguito, se avessero ritenuto schifoso o comunque insufficiente il posto/gestione/acustica/palco).

Comunque, in breve, a proposito dello scrivente (e organizzatore o co-tale di quella cosa, sembrava di capire), possiamo dire che nell'articolo a cui si riferiva Klaus Byron nel suo pezzo già postato qui, il Della Cioppa sognava, mentre successivamente scopriva la realtà. Non per questo si è mai "arreso", ancora oggi è di quelli che sostiene che i gruppi italiani hard rock/metal sarebbero mediamente validi come quelli esteri se non di più, e che non avrebbero quasi mai successo vero - ma spesso neanche di nicchia o ultra-nicchia - per sfortune varie, per cause sempre esterne, perché il pubblico cattivo sarebbe "esterofilo" a prescindere e blablabla, pubblico che per fortuna per gran parte non abbocca (tantomeno da quando si può ascoltare tutto prima a sbafo sul web) a tutte le "leccate" continue a tutti o quasi che quelli come lui e tantissimi altri - quasi tutti gli italiani "recensenti" in giro anzi, oltre a poveretti vari "non-recensenti", amici dei gruppi stessi, parenti, fidanzate ecc. - producono dalla notte dei tempi.

Gianni Della Cioppa.


 

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